Dopo 7 anni ritorna Salernitana – Bari, una partita dai mille ricordi, dai tanti aneddoti, dai profondi significati. Un gemellaggio tra i più antichi d’Italia, che dura da ben quarant’anni, e che con la Reggina forma un trittico affascinante, unendo tre grandi piazze del Sud. Quelle di Salerno e di Bari meriterebbero la serie A, o almeno un campionato di vertice nella serie cadetta, mentre la Reggina, senza dubbio aspira a tornare al più presto nel calcio professionistico che conta.
Salernitana – Bari si collega ai termini festa, spensieratezza, unione, senso dello sport, condivisione di culture diverse ma allo stesso tempo affini. Salernitana – Bari è direttamente collegabile all’amore, è cronaca di un amore. L’omonimo film di Michelangelo Antonioni (1950), suo film d’esordio, fa proprio quello, ossia racconta attraverso sguardi e introspezioni (pilastri dello stile del regista) una cronaca intrigante seppur straziante, un amore indissolubile e senza tempo, che fa giri immensi e poi ritorna. Un sentimento qui così forte da creare pericoli, negatività e vicissitudini. I due protagonisti, Guido e Paola, sono costretti a dividersi per le convenzioni sociali del matrimonio nel bel mezzo del secondo dopoguerra, ma dopo anni si rincontrano, e quella fiamma si riaccende subito, unita alla dannata speranza di costruire un futuro insieme.
Il villain è il marito di lei, che assume un detective per sfrenata gelosia così da seguirla, e diviene anche potenziale vittima di un complotto emotivo, mirato ad unire per sempre i due amanti senza più ostacoli.
Quanti villain invece, fisici e tematici, che sorgono in Salernitana – Bari. Molto meno per il Bari, che col minimo sforzo arriva ad una vittoria targata 0-2, che lo porta stabilmente in zona-playoff. È cronaca di amore tossico invece per la Salernitana, che insacca l’ennesima sconfitta, e il tabellino dice 13 punti in 13 giornate. I citati villain per i granata sono oramai i soliti, come se fosse un franchise della Marvel: la fase difensiva non all’altezza, un gioco propositivo ma allo stesso tempo sterile, l’inconsistenza in attacco, la condizione atletica poco performante per la serie B, le scelte tecnico-tattiche dell’allenatore.
Scelte che purtroppo Martusciello a questo giro paga caramente, venendo esonerato dalla panchina granata. Una frequentazione da innamoramento già finita. Il gioco palla a terra, il predominio territoriale, il pressing offensivo, l’exploit dei giovani sono già ricordi, ed ora bisogna ricostruire da poche basi e molte preoccupazioni, per invertire finalmente il trend e togliersi dal pantano della zona play-out.
Cronaca di un amore senza intoppi sugli spalti – al di là dei fisiologici fischi della Curva Sud Siberiano a fine partita, rivolti alla squadra – dove è passione senza confini tra le due tifoserie, in un Arechi dove il biancorosso ed il granata si intrecciano alla perfezione come due anime gemelle, continuando quello che già stava accadendo all’esterno dall’arrivo dei supporters pugliesi.
Il tifo ha la capacità di non perdere mai, la squadra invece non sempre esce vincitrice, anzi la Salernitana e la sua tifoseria da più di un anno hanno destini completamente opposti: la prima perde spesso, la seconda mai. Alla società l’onere adesso di mettersi di nuovo in gioco e gestire al meglio (come non fatto in passato), così da riequilibrare l’ago della bilancia e rendere più vincente la squadra stessa.
Salernitana e Bari come Guido e Paola, perché per loro “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” è un assunto che non esiste, sono l’eccezione alla regola. L’amore che va oltre la memoria come nel dramma sentimentale di Antonioni, nessun mutamento e nessuna situazione esterna arrestano la volontà, il sogno e la passione.
Cambia lo status sociale, ma non l’amore ossessivo tra Guido e Paola, cambia il vento, ma non la fratellanza tra salernitani e baresi. L’amore trascende il tempo e lo spazio, e loro ne sono la netta dimostrazione.
Miglior attore: Daniele Verde
Villain: Petar Stojanović
Regia: La società
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