Amalinze, il rapper-ricercatore votato al sociale

Editoriale

Novembre 30, 2023

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Tanti album alle spalle, bagaglio culturale da capogiro: ecco la storia di Francesco Nacchia

Francesco Nacchia è un rapper di Pagani, classe 1989, in arte Amalinze, ricercatore in lingua e linguistica inglese presso l’Università degli studi di Napoli l’Orientale. Il suo nome d’arte è un riferimento letterario al romanzo di Chinua Achebe “Things Fall Apart”. Partendo dalla musica e dai testi che scrive, passando per la lingua inglese e per il suo percorso accademico, mostra tutta la sua passione, che riversa anche nella sua città d’origine, Pagani, luogo in cui vive e nel quale si impegna attivamente per dare una mano, soprattutto sulle tematiche che riguardano la scuola e il sociale.

Nel 2022 è stato anche pubblicato il libro dal titolo: “Amalinze – riflessioni su un professore – rapper e la sua arte” scritto da Gerardo Sinatore, un lavoro cerca di fare un’analisi sociale dei suoi testi, e da cui emerge la voglia del rapper di Pagani di trasmettere positività.

Partiamo dalla sua passione per la musica: ci racconta come è nata?

È nata sicuramente con l’ascolto. In famiglia non erano appassionati di musica. Ho iniziato ad appassionarmi al rap ascoltando gli Articolo 31. Poi, piano piano, ho iniziato ad approfondire, il mio è stato un processo deduttivo. Successivamente, ho proseguito il mio bagaglio culturale ascoltando i rapper americani. Molti dei loro testi mi hanno colpito particolarmente: ad esempio quelli di Tupac.

Quando ha iniziato a scrivere i primi testi?

Ho iniziato a scrivere molto giovane, avevo diciassette anni, sebbene il mio primo pezzo sia uscito a ventiquattro anni. Un giorno sono uscito direttamente con un video su Facebook. Anche mia mamma è rimasta meravigliata, nessuno sapeva nulla, forse qualcosa solo un mio amico.

Come mai questa sua paura?

Ero molto timido, ma soprattutto avevo paura del giudizio degli altri. A ripensarci, forse avrei dovuto avere più coraggio, seppur alla fine tutto si compensa nella vita. Oggi ho molta più consapevolezza nei miei mezzi. Non si può cambiare il passato, ma la posizione che ho oggi non mi dispiace. Sono riuscito a creare un bel movimento in zona, facendo apprezzare il genere, cosa che per me è una grande soddisfazione. Inoltre, faccio molti altri progetti: ad esempio l’ultimo video “Cacciate à voce” con la squadra di pallavolo. Per me stare con i ragazzi e fare attività per il sociale è una cosa bellissima. Probabilmente “Cacciate à voce” verrà utilizzato come slogan contro il bullismo da alcune scuole dei paesi limitrofi.

Sta abbinando spesso la musica al sociale?

Si, è una cosa che a me fa molto piacere. Ho avuto anche qualche riconoscimento, a cui tengo molto, ad esempio, quest’anno ho vinto il Premio Gatta Cenerentola, che è stata una sorpresa enorme: un’occasione in cui è stato apprezzato il mio modo di fare rapper e di raccontare il territorio.

Difficile abbinare la musica con il lavoro all’università?

Sicuramente, anche se tendo sempre a non lamentarmi. Per quanto mi riguarda lamentarsi richiede sempre molte energie che è meglio utilizzare per fare altre cose. Nel corso degli anni ho studiato molto per il mio lavoro da ricercatore. Mi capita di pensare che se non avessi avuto questo piano A, avrei sfondato con la musica. Però alle volte penso anche che senza la mia formazione e il percorso accademico non scriverei i testi che scrivo oggi.

Solitamente cosa la porta a scrivere?

L’insieme di molte cose. Se penso all’ultimo disco, ci sta “Cacciate à voce” in cui parlo di tematiche sociali importanti e per la prima volta ho inserito dei pezzi d’amore. Cosa che non avrei mai pensato di fare prima.

Quale pensa sia il problema principale delle giovani generazioni a Pagani?

Credo che ci sia stato un vuoto educativo e culturale di almeno dieci anni incolmabile. Il cittadino si educa con la cultura, con gli eventi, un concerto, una presentazione di un libro. Tutto deve ripartire da questo. Io faccio il cittadino, non ho mai pensato di candidarmi a Pagani.

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