Il labirinto dello stalking raccontato e vissuto in prima persona da Richard Gadd
“Baby Reindeer” emerge come una delle opere cinematografiche più intriganti degli ultimi tempi. Basata sulla vita reale di Richard Gadd, sceneggiatore e protagonista della serie Netflix. La narrazione si intreccia tra empatia, ossessione, violenza psicologica e abusi sessuali, delineando un ritratto complesso e disturbante.
Ambientata nel cuore di Londra, la serie segue Donny Dunn (alter ego di Gadd), un barista e aspirante comico, il cui tentativo di avanzare nella carriera comica viene continuamente ostacolato dall’intrusione di Martha Scott. Inizialmente percepita come una figura fragile e innocua, si rivela essere una stalker implacabile; dopo un innocuo gesto di gentilezza da parte di Donny.
La sua ossessione per lui la porta a invadere ogni aspetto della sua vita con un flusso incessante di e-mail, messaggi vocali e commenti sui social media, spingendo Donny verso il limite del terrore. La situazione degenera ulteriormente quando le molestie di Martha diventano anche sessuali, risvegliando in Donny il ricordo di uno stupro subito anni prima, mai completamente superato.
Solo dopo diversi mesi di molestie, Donny trova il coraggio di denunciare Martha alla polizia che finalmente porta al suo arresto. L’incubo sembra essere terminato, ma allora perché il protagonista si sente ancora così ossessionato da lei?
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