Peppino, l’incantatore dell’Eliseo

Aprile 10, 2024

Frammenti di storia dell’arte capitolina: la casa del maestro Giuseppe Patroni Griffi

Il “Teatro Eliseo” di Roma, inaugurato nel 1918 con tale nome, si riconosce dalla maestosa facciata sita in una porzione di Via Nazionale.

È stato il “nido professionale” di personalità del calibro di Anna Magnani, Luchino Visconti, Franca Valeri, che qui consacrarono il proprio talento. E c’è molta Napoli nella storia di questo edificio. Eduardo De Filippo, genio della commedia e della drammaturgia dialettale, scelse l’Eliseo come vetrina perfetta per esporre le sue opere più ricercate. Anche il “principe della risata”, Totò, si recò all’Eliseo per esibire, le prime volte, lo sketch d’avanspettacolo della “marionetta disarticolata”.

Ma c’è stato un altro partenopeo, quasi anonimo, che valorizzò definitivamente questo gioiello.

Giuseppe Patroni Griffi è stato un illustre autore oltreché critico, scenografo e regista: iniziò ad appassionarsi alle arti grazie al cinema, influenzato dalla madre. Dopo l’amore per la “settima arte”, sviluppò quello per la letteratura – soprattutto francese e russa – trasmessa dal nonno, cultore del ramo. L’arte teatrale, durante la frequentazione ginnasiale, lo folgorò: scrisse e diresse i primi atti minori recitati, principalmente, presso il circolo de “La Compagnia degli Illusi”.

Peppino” votò al sipario, da quel momento in poi, il resto dei suoi giorni. Riuscì, col tempo, ad alternare i testi da palcoscenico alla stesura di celebri manoscritti, di lungometraggi e di radiodrammi.

La svolta della sua carriera arrivò proprio grazie all’Eliseo: difatti, dopo una buona carriera che lo portò sino in Rai, nel 1959 approdò per la prima volta in questo teatro. Era un periodo di crisi, caratterizzato dalla concorrenza attuata da altri teatri cittadini blasonati, come il “Nazionale”. Diresse la “Compagnia dei Giovani“, su suggerimento di Visconti – composta da “astri nascenti” come Giorgio De Lullo, Rossella Falk, Romolo Valli e altri – nello spettacolo “D’amore si muore”, del 1958, creato dalla sua penna. L’opera riscosse un clamoroso successo, rilanciando la stagione e divenendo il preludio del legame che si instaurerà tra l’artista e il teatro. Nel 1967 mise in scena la commedia “Metti una sera a cena” che lo fece assurgere alla posizione di commediografo più in “auge” della capitale. Nel 1978, visti i risultati, venne invitato a dirigere anche la compagnia del “Piccolo Eliseo”: la messa in scena di “Prima del Silenzio” – del 1979, atto unico scritto solamente per l’interpretazione di Valli – divenne un caposaldo del palinsesto annuale.

Pochi anni dopo, mentre lavorava alla trasposizione del dramma “Improvvisamente l’estate scorsa” di Tennessee Williams, Peppino accusò un malore; questo, però, non impedì il completamento della sceneggiatura e lo spettacolo, diretto dai “pupilli” Terlizzi e Battistini, riscosse il successo previsto. Il malore portò il maestro sotto i ferri, interrompendo momentaneamente i progetti in cantiere. Tornerà nella sua “casa acquisita” nel 1989, ove dirigerà Rossella Falk in “Dolce ala della giovinezza”; nel 1993, omaggiando la figura di Eduardo, rivisitò il testo di “Napoli milionaria” portandolo in scena “sotto un’aura metafisica, quasi in chiave ‘čechoviana’”, donando al pubblico una versione alternativa della commedia; ripeté la stessa operazione col testo di “Sabato, domenica e lunedì”, ottenendo un risultato critico identico.

Venne nominato, dopo un’intera esistenza al servizio dell’Eliseo, direttore artistico del teatro, nel 2002. Un ruolo che mantenne fino alla morte, nel 2005. E ivi fu esposta la camera ardente: perché quello non era un semplice palcoscenico. Era la sua vera casa.

La sua anima.

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